Roberto Pruzzo

Calciatore
Roberto Pruzzo

Roberto Pruzzo

Calciatore
twitter-icon

Biography

Crocefieschi (Genova) 1 aprile 1955. Cresciuto nelle giovanili del Genoa fece il suo esordio in Serie A il 2 dicembre 1973 nella partita contro il Cesena, terminata 1-1. Da giovane non pensava di divenire calciatore, tanto che l’allora presidente Fossati faticò per convincerlo a firmare il contratto.
Realizzò la sua prima rete in Serie A proprio contro la squadra in cui giocò successivamente, la Roma, il 3 ottobre 1976 (2-2) anche se la rete più importante in maglia rossoblù risale al 13 marzo 1977 quando, di testa, segnò il gol-vittoria nel derby stracittadino.
Con il Grifone disputò 5 stagioni di cui 3 nella massima serie e 2 in Serie B collezionando ben 143 presenze e 57 gol e divenendo anche capocannoniere della Serie B nella stagione 1975-1976. Fu proprio nel Genoa che l’attaccante guadagnò l’appellativo di O Rey di Crocefieschi.
Pruzzo venne ceduto alla squadra capitolina nell’estate del 1978 per l’importante cifra di 3 miliardi di lire più il passaggio in rossoblù del giovane Bruno Conti. Nella Roma stabilì vari record: vinse tre titoli come capocannoniere nel 1981 (18 gol), 1982 (15 gol) e 1986 (19 gol), conquistò quattro Coppe Italia (1980, 1981, 1984 e 1986) e uno scudetto (1982-1983). Con 106 gol è stato per lungo tempo il miglior realizzatore nella storia della società.
Dopo aver totalizzato 240 presenze e 106 reti con la maglia giallorossa nella stagione 1988-1989 Pruzzo passò alla Fiorentina. Qui però collezionò appena 6 presenze da inizio partita, più qualche scampolo di gara. Realizzò il suo unico gol della stagione proprio contro la Roma, il 30 giugno 1989, di testa su cross di Roberto Baggio: quella rete consentì ai viola l’accesso in Coppa UEFA ma fu anche l’ultima partita della sua carriera. Dopodiché pensò anche di continuare per un altro anno l’esperienza a Firenze, ma lo fece solo come dirigente accompagnatore della società. In seguito iniziò la sua carriera di allenatore.

«Io sentivo di fare un mestiere che aveva la stessa dignità di quello del barista, dell’imbianchino o dell’edicolante. Non mi sentivo un eletto»